Ho avuto paura fino all’ultimo giorno di gravidanza, ebbene si, la paura mi è sempre stata accanto soprattutto quando il periodo di nascita si avvicinava. Assurdo vero? no.

Sono mamma di due bambini meravigliosi, due doni dell’universo. La mia prima è nata 3 anni prima di Lucio, con un parto vaginale anestetizzato gestito e controllato dai medici dell’ospedale, che dettavano i loro tempi e le loro condizioni, io ero spettatrice del doloroso processo che accadeva tra le mura asettiche dell’ospedale, a cominciare dalla violenza ostetrica della rottura del sacco senza neanche avvisarmi. Ma poi è nata dopo estenuanti spinte, e il suo viso e il suo calore hanno aggiustato tutto, o quasi.

Il tempo passato tra le due gravidanze sono state preziose per preparare il terreno, per capire, per sognare un parto diverso, per trasformarmi.

Resto incinta e decido che Hypnobirthing fa per me, ne sento un fortissimo richiamo.

Lavoro con la mia educatrice , godendo del tempo condiviso, mi fa immaginare, mi spiega cosa può fare il mio utero e come lavora, mi da gli strumenti.

Mi sono impegnata, con costanza imparavo a sprofondare nell’ipnosi sempre più velocemente, rilasciando le mie paure e godendo del mio corpo magico di quei mesi.

Ho creato immagini, ho sentito profumi, mi sentivo forte, imbattibile. Ho realizzato che questa volta volevo SENTIRE e vivermi pienamente il mio parto, in tutte i suoi momenti. Desideravo mettere questa esperienza nel mio bagaglio personale, ho sentito nel profondo che avevo il diritto di avere un bel ricordo di quel momento, non perchè dovesse andare tutto perfettamente ma perchè in ogni caso sarei stata una leonessa. Con questa forza ho consegnato il mio piano del parto nello stesso ospedale della prima nascita e sono stata ascoltata, ed è stato bellissimo.

I giorni volavano, e con la paura sempre con me affrontavo la pesantezza del corpo e nonostante la consapevolezza avevo sempre il terrore di dover riaprire il mio corpo per poter dare ancora alla luce il mio secondo bambino. Evidentemente non eravamo ancora pronti.

Poi una mattina lo fummo, e non appena le piccole onde calde iniziarono a muovere il mio corpo mi sentii pronta e felice come non mai.

Nel tepore di casa mia una mattina di novembre, il mio bambino decise che era il momento di iniziare la danza, e mi lasciai letteralmente travolgere dalla valanga ormonale senza nessuna resistenza…piansi di gioia, ballai, mi feci una doccia calda in cui salutai la mia panciona, sentii le onde meravigliose…che divennero potenti, e corsi all’ospedale.

Burocrazia, luci, domande, facce estranee, facce antipatiche, mascherine, tamponi nasali, odori non familiari ecc…qui dovetti fare appello a tutte le mie risorse, cercai il più possibile di restare DENTRO e non uscire.

In sala parto sentii una donna urlare, poi fecero il cambio turno ostetrica e mi si presenta la stessa donna che mi torturò anni prima.

Ero in pieno travaglio. Ci guardammo. Lei era la stessa io no. In quel momento feci una scelta di benessere, e feci anche pace con un vecchio capitolo. Ci stringemmo le mani come dire ok, adesso lavoriamo insieme. E poi lei uscì dalla porta.

Il tempo non esisteva più, c’era solo respiro e sudore, mio marito accanto, sempre.

La donna tornò, io ero esausta, in un’ora circa avevo finito di dilatarmi, e sulle ultime onde oceaniche capisco che ci siamo quasi. E li una valanga di endorfine mi inondano facendomi sentire estasi allo stato puro e poi mi risveglio, l’adrenalina mi riporta al linguaggio e sento quelle parole “senti di voler spingere?” mi chiedono dopo 9 mesi a lavorare sul riflesso di eiezione, sul non volermi lacerare ancora, sul non spingere.

NO dissi.

A quel no ci penso ancora adesso, in realtà sentivo le spinte, ma No, non avrei spinto come una pazza, NO non mi avresti detto tu come farlo, NO allontanati voglio intimità, NO.

Lei uscì, e anche Lucio :)

In pochi secondi sperimentai il riflesso di eiezione, non riuscivo a trattenerlo dentro di me, accompagnai la sua fuoriuscita che fu straordinariamente veloce, insieme al suo sacco.

Lucio sei già con me. Luce dei miei giorni, sogno avverato.